Esistono tre tipologie di regolamenti condominiali ed ognuno di essi risponde ad un diverso comportamento da tenere per il raggiungimento dei millesimi di approvazione.
Le tipologie sono:
Regolamento contrattuale
Viene chiamato così quando sono presenti delle limitazioni o sulle parti esclusive cioè un appartamento di proprietà, o sulle parti comuni ad esempio il cortile o il terrazzo condominiale. In sintesi quando sono presenti delle clausole che danno maggiori diritti ad alcuni condomini rispetto ad altri.
Esempio su appartamento: l’appartamento non può essere convertito in studio professionale o in sala da ballo o in ufficio oppure quando vi è il divieto di tenere animali nella propria casa. Altro esempio è obbligare l’assemblea a scegliere il colore di una tenda che deve essere installata in un appartamento di proprietà di un condomino.
Esempio su parti comuni: Dare accesso al cortile condominiale, solo ad una parte dei condomini.
E’ da sottolineare che queste clausole che fanno diventare il regolamento di tipo contrattuale, devono essere chiaramente esplicitate cioè devono indicare con chiarezza e senza alcun dubbio, le tipologie di limitazioni sia sulle parti comuni che su quelle di uso esclusivo (ad esempio gli appartamenti).
Come si vota in assemblea la modifica del regolamento?
Se vengono discusse le clausole contrattuali occorre il voto unanime dei condomini per un totale di 1000/1000.
Se vengono discusse le clausole non contrattuali, può bastare la maggioranza prevista dall’articolo 1136 comma 2 del codice civile cioè la maggioranza dei presenti in assemblea ed almeno 500 millesimi (vedi anche la Sentenza della Cassazione Civile del 14 agosto 2007, numero 17694 e la Sentenza della Cassazione Civile del 20 aprile 2005, numero 8216).
Quanto detto sopra conferma anche che il regolamento di condominio scritto dal costruttore quindi dal primo proprietario dell’edificio, non sempre è di natura contrattuale, anche se questo è allegato all’atto notarile di acquisto.
Regolamento assembleare
Viene chiamato così quando tutte le clausole contenute in esso, fanno riferimento alla gestione delle sole parti comuni e regolamentano con pari diritti, tutti i condomini.
Il termine “pari diritti” vuol dire che ogni condomino deve trarre il massimo godimento dalla cosa comune (fanno riferimento a questo concetto la Sentenza di Cassazione Civile del 16 giugno 2005, numero 12873; Sentenza di Cassazione Civile del 8 novembre 2004, numero 21287 oppure ancora la Sentenza di Cassazione Civile del 15 aprile 1987, numero 3733).
Il regolamento assembleare, può essere modificato in ogni sua parte, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 comma 2 del codice civile come già chiarito al punto precedente (maggioranza dei presenti in assemblea ed almeno 500 millesimi).
Questa procedura snellisce notevolmente l’iter di aggiornamento del documento condominiale.
Penso ad esempio, all’adeguamento da lire ad euro, delle penali da addebitare ai condomini che non rispettano le norme scritte nel regolamento di condominio oppure la modifica dei termini di invio delle raccomandate di convocazione della riunione così come previsto dall’ex articolo 66 delle disposizioni attuative del codice civile.
Regolamento giudiziale
Viene chiamato così quando il regolamento, su richiesta dei condomini, viene redatto da un giudice. La ragione è che in assemblea non si è raggiunto un accordo circa l’approvazione dello stesso. Il giudice rende attivo il regolamento di condominio che diventa vincolante coattivamente cioè forzatamente, per tutti i condomini, secondo anche quanto stabilito dall’articolo 2909 del codice civile.